La settimana scorsa al Salone del Gusto di Torino ho incontrato casualmente Johnson Righeira, la metà del famoso duo torinese che una trentina di anni fa fece il botto con “Vamos alla playa”. Abbiamo fatto la foto di rito insieme, entrambi leggermente cambiati rispetto ai nostri vent'anni, e poi ognuno ha continuato nel suo giro enogastronomico (nel caso di Johnson mi è parso più eno).
Ho nostalgia degli anni Ottanta non perché siano stati particolarmente sereni. Ma in quel periodo ero una giovane studentessa universitaria, non avevo alcuna responsabilità se non quella di riportare me stessa in uno stato decente a casa dopo le nottate passate in discoteca. Non era il contesto ad essere bello, ero io che mi sentivo attraente, e di conseguenza mi vedevo circondata di vita, grazia e bellezza.
Ero consapevole ed ero informata del terrorismo, della corruzione, delle stragi. Non avevo gli occhi foderati di salame. Gli anni Ottanta sono stati un decennio terribile, soprattutto nella vita politica italiana. E Torino, dove vivevo, è stata una delle città che ha pagato un conto pesantissimo agli anni di piombo. Un solo esempio: a pochi isolati da casa mia le Brigate Rosse avevano ucciso il giornalista Carlo Casalegno.
Ma, appunto, ero giovane, e l'ennesima brutta notizia data al telegiornale mi arrivava come una forte folata di corrente che spalanca improvvisamente una porta. Rimani sconcertato per qualche istante, poi, dopo aver richiuso la porta, ritorni a quello che stavi facendo prima.
Erano gli anni dello yuppismo, del rampantismo, nasceva l'ostentazione del capo di vestiario firmato. Piumino Moncler, jeans Levis, calzettoni Burlington, scarponcini Timberlard. Noi ragazze ci siamo fatte tutte la permanente ai capelli ed portavamo sotto camice giacche e cappotti spalline esagerate, che spesso se ne andavano per conto proprio, trasformandoci in improbabili gobbute o estremamente poppute.
E' indubbio. Sotto molti aspetti non è che fosse un granché come periodo. Però.
Potevi girare in moto senza casco. Non esistevano i telefoni cellulari e di conseguenza potevi darti irreperibile. La musica era bellissima (non sto a farne l'elenco, ma le radio continuano a trasmettere canzoni anni Ottanta, a dimostrazione che fosse molto meglio di quella di oggi), però era scomoda da portarsi dietro. Le autoradio erano grosse scatole pesantissime che portavi dietro ovunque. La musica in mobilità era rappresentata dalle cassette da ascoltare con il walkman: grande invenzione il formato degli mp3.
Tutto qui? Forse. La loro bellezza sta nei nostri ricordi come gli anni Sessanta per i nostri genitori (che per l'Italia furono gli anni del boom economico, mai più replicati, quindi obiettivamente anni magnifici) e gli anni Duemila per i nostri figli.
Ma in caso di attacco nostalgico è sufficiente sintonizzarsi su una web radio e ascoltarsi una canzone di Siouxie And The Banshees o dei Duran Duran o dei Righeira. Tre minuti e mezzo di temporanea sgangheratezza giovanile, e poi benvenuti, di nuovo, nel 2014.