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| 04 giugno 2014, 08:00

Quando l'Italia va, piacevolmente, nel pallone

Quando l'Italia va, piacevolmente, nel pallone

Mancano ormai pochi giorni per uno degli eventi che milioni di persone aspettano con trepidazione: i mondiali di calcio del Brasile.

Io non sono trepidante. Non sono neppure in semplice attesa. Subirò mio malgrado il bombardamento di servizi, foto, articoli, commenti che inevitabilmente, considerando l'immenso business che ruota intorno all'avvenimento, occuperà ogni spazio dedicato alle notizie.

Non so se mi capiterà di vedere partite nelle quali non giocherà l'Italia. Perché quest'anno c'è il fattore fuso-orario. Ci sono cinque ore di differenza, dal Brasile, ad eccezione di Cuiaba e Manaus dove le ore sono ben sei. Quasi il giorno dopo, una differita. Quindi da noi le partite saranno visibili dal tardo pomeriggio alla notte fonda, come per quella con Inghilterra – Italia, trasmessa a mezzanotte. Già prevedo notte insonni, nel caso gli azzurri proseguano nelle qualificazioni, causa caroselli di tifosi festanti alle prime luci del mattino.

Come sempre, ci sarà la canzone ufficiale, che quest'anno pare sia nata da una collaborazione tra il rapper americano Pitbull, la cantante americana Jennifer Lopez e la cantante brasiliana Claudia Leitte, dal titolo "We Are One (Ole Ola)". Speriamo sia decente, visto che per un mesetto non si sentirà altro.

Come sempre, la mascotte, che può piacere moltissimo o essere oggetto di feroci critiche. Come accadde per il nostro “coso” Ciao dei mondiali del 1990. Trattasi del tatu-bola, un armadillo che quando è minacciato dai predatori si arrotola su se stesso diventando una palla. Il pupazzo è stato battezzato “Fuleco” (che a noi piemontesi suona un po' come “fuleto”, sciocchino) risultato della intelligente composizione delle parole "futebol" ("calcio") ed ecologia. Ah, ecco.

C'è anche lo “strumento musicale ufficiale della Coppa del Mondo FIFA 2014” la caxirola, una specie di strumento a percussione, niente a che fare con la vuvuzela dei mondiali sudafricani, e con un suono meno irritante (forse). Che però, per motivi di sicurezza, gli spettatori non potranno portarsi dietro allo stadio. Peccato. Il nome del pallone ufficiale è Brazuca. Il termine ha un doppio significato: da una parte indica i brasiliani che vivono all'estero, compresi i numerosi giocatori, ma viene anche utilizzato nello slang per descrivere l'orgoglio nazionale.

Ovvio che mi auguro l'Italia arrivi alle finali, ma mi trovo nell'ignoranza più totale circa la rosa dei convocati. Sono ormai anni che non riconosco più i calciatori. Le nazionali italiane di calcio, come tante altre cose, non sono più quelle di una volta. Almeno per me, che ricordo benissimo, su tutte, la squadra che giocò ai Mondiali di Spagna del 1982, anno concomitante con il mio esame di maturità.

Alcuni di questi personaggi entrati nella leggenda, li conobbi anche personalmente perché frequentavano abitualmente casa mia, quando mio papà collaborava alla Gazzetta dello Sport. C’era quindi, in più, una partecipazione affettiva riguardo a questa squadra di calcio, entrata di diritto nella storia sportiva.

Eh sì, la Coppa del Mondo dell'82. Alcune immagini sono restate indelebili nel tempo. Il Presidente Pertini che si agita in tribuna accanto ad un Re Juan Carlos (che in questi giorni ha abdicato a favore del bel figlio Felipe) ancora prestante, o mentre gioca a carte sull'aereo del ritorno con Bearzot e Zoff. Tardelli impazzito di gioia dopo uno dei gol che portarono gli Azzurri alla vittoria. E che bella soddisfazione fu battere la Germania (quella Ovest, la più antipatica, tra l'altro), che fino all'ultimo ci aveva sottovalutati.

L'estate che ne seguì fu l'ultima, per me, veramente spensierata. Finita la scuola, avevo da iniziare l'università, una nuova avventura, un salto nel futuro pieno di speranze, di vita. Sarà per questo che quei mondiali hanno un sapore speciale, di “dopo nulla sarà come più come prima”.



Monica Bruna

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