Sarà che anche fisicamente non sono predisposta, col mio naso corto e le gambe lunghe, ma le bugie proprio non so dirle.
Che a volte sarebbe anche utile e forse rappresenterebbe il male minore. Non sempre la verità rappresenta la scelta migliore.
Nella vita di coppia, ad esempio. A dirlo non sono certo io, che non sono una studiosa di psiche umana, ma leggendo qua e là sulle riviste, soprattutto femminili, pullulano i consigli di come forse non raccontare tutta la verità e solo la verità al partner, aiuta a superare momenti difficili. Ma non sempre, aggiungo.
Di sicuro sono il male minore quando sono dette unicamente a fin di bene. Alla persona malata si può dire che la si trova benissimo, alla persona che sta provando a dimagrire si può dire che la si vede in gran forma, alla bambina bruttina mentire e dirle che è bellissima. Sono bugie che fanno bene a chi sono rivolte e a chi le dice. Trovo particolarmente gratificanti le frottole raccontate ai bambini, quando ti si presentano davanti tenendo in mano un loro manufatto orrendo (un disegno, un lavoretto con la plastilina, una costruzione con i Lego) belli soddisfatti del risultato. Dirgli “Ma è
stupendo! Guarda che bravo!” e godersi il loro sorriso, la felicità che non riescono a trattenere.
Si ricorre sovente, senza tanti mal di pancia, anche alle bugie utilitaristiche, come quelle in ufficio, per evitare o rimandare per l'ennesima volta quel lavoro odioso che non ne possiamo più di eseguire (“Scusa, eh, ma domani viene l'omino a casa per la derattizzazione”).
Senza dimenticare che con le nuove tecnologie a nostra disposizione al giorno d’oggi, riuscire a scoprire una menzogna che ci viene detta anche come semplice giustificazione, diventa un gioco da ragazzi. Chi era abituato a trovare sempre scuse per un ritardo dovuto al maltempo, ad un treno giunto fuori tempo massimo a destinazione, al traffico trovato sulle strade, adesso non la sempre franca: basta un click sul nostro palmare o sul computer e la verità può venire subito a galla al primo riscontro. Per non parlare poi dei messaggi lasciati sui cellulari che possono comprovare una verità ben diversa da quella che viene detta a parole, con tutto quello che poi ne consegue.
Qualche scrupolo in più ce lo facciamo quando per caso adocchiamo il partner di un'amica in dolce compagnia di una sconosciuta. Che fare? Dirglielo o non dirglielo? Non è un problema da poco, comunque ci si trova in una posizione molto scomoda.
In altri momenti omettere di dire la verità, tacere un dato di fatto, può non costituire una vera menzogna. Ma solo a patto che non si arrivi alla omertà, che trasforma l'omissione in un comportamento riprovevole.
Le bugie le raccontiamo anche a noi stessi. E' una forma di auto-protezione, non di inganno. Di fronte a situazioni particolarmente stressanti mentiamo (“Ma dai, non sarà mica così grave, 'sta cosa”) perché la verità è troppo dura d'accettare. Credo che nelle donne o nei bambini maltrattati si inneschi un meccanismo simile nel loro cervello: la realtà che stanno vivendo è troppo brutta, quindi la negano, la cancellano. E al mondo esterno riescono ad apparire quasi sereni.
Poi ci sono i mentitori seriali, che non possono fare a meno di dire bugie. Entrano in un vortice dal quale non riescono più uscire. Ne ho conosciuta una di queste. Mentiva su qualsiasi cosa, una faticaccia. Non si riusciva più a distinguere il vero dal falso: più volte la verità si è dimostrata una bugia mascherata. Ci vuole una bella energia e memoria, e alla fine chi te lo fa fare?
Coetanee, frequentavamo la stessa facoltà universitaria, ma in corsi diversi, non ci incrociavamo agli esami. Doveva essere indietro, impossibile dire di quanto. Io ero alla fine, vicino alla laurea, ma lei se ne era venuta fuori che si era già laureata, senza dirlo a nessuno, e che si era re-iscritta ad un altra facoltà, sempre nello stesso ateneo, in modo da giustificare la sua presenza se l'avessi incrociata nei corridoi. Peccato che dopo un po', inspiegabilmente e irrazionalmente, ad altri aveva raccontato che invece era ferma alla prima laurea ma che aveva dovuto ripetere degli esami perché aveva perso il libretto universitario. Certo, ci poteva credere la vecchia zia, ma a quel punto era diventata una persona patetica.