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| 12 giugno 2013, 08:11

Per chi ama i formaggi, ecco un articolo che arriva come il cacio sui maccheroni

Per chi ama i formaggi, ecco un articolo che arriva come il cacio sui maccheroni

Mi piacciono da morire le loro “puzze”. Che quando apri il frigo ti assale una vampata di non bene identificato lezzo, che per me ha del sublime. Sono i formaggi il mio punto debole gastronomico. Il colesterolo protesta, si eleva a picchi preoccupanti, ma nulla può nel contrastare la mia passione. Loro se ne stanno lì, fetenti il giusto, pronti, (non sono neppure da preparare, basta un coltello e sono belli da gustare) che implorano un assaggio.

Amo i formaggi stagionati, che ti lasciano il loro grezzo sapore in bocca per giorni. Mi piace assaggiarne sempre di diversi, scoprirne di nuovi, apprezzarne gli schietti retrogusti. Sono fortunata perché abito in una regione, il Piemonte, che sotto questo aspetto non si fa mancare proprio nulla. Bra, Castelmagno, Moncenisio, Montebore, Orsera, Raschera, Robiola, Robiola di Roccaverano, del Bec, di Carmagnola, Testun, Toma, Tomino, Tumet sono solo alcuni delle delizie casearie che nobilitano la produzione gastronomica regionale.

Un censimento completo e aggiornato forse non esiste, ma pare siano prodotti più di quattrocento tipi di formaggi italiani, e nessuno al mondo ci batte. Certo, i Francesi ci sanno fare anche loro, ma non al nostro livello. Anche se qualche incursione e sbandata per il Roquefort transalpino o lo Stilton inglese, di tanto in tanto, me lo concedo. Ma sono brevi attimi, che poi si torna ai buonissimi prodotti nostrani.

Che hanno delle storie anche interessanti. Prendiamo ad esempio il Castelmagno, uno dei formaggi più famosi al mondo. Come ricordava Giorgio Bocca, in origine era un formaggio da re: “Fu un parroco della Val Maira che faceva lo scriptor alla corte di Carlo Magno a portargli ad Aquisgrana una forma di Castelmagno e a insegnargli che la parte migliore era quella appena sotto la crosta color ruggine...Formaggio che ha il profumo dei pascoli alti e una pasta delicatissima, bianca nei primi mesi e poi infiorata di muffe verdognole. Maturato solo nelle cantine con il pavimento di terra e porte e finestre rivolte chi sa perché a nord.” Il formaggio stimola anche un po' di poesia. Ma fu grazie a Gianni De Matteis, giornalista e sindaco dell'omonimo paese, che nel 1982 il formaggio Castelmagno approdò all'ambito riconoscimento nazionale D.O.C., e successivamente, nel 1996, a quello europeo D.O.P. Senza dimenticare il contributo dell’indimenticabile Mario Soldati che non mancava mai di decantarne la sua bontà attraverso i suoi libri e altrettanto godibilissimi articoli.

Il Castelmagno è bello caro, ma il Bettelmatt, formaggio della Val d’Ossola lo è ancora di più e si può trovare solo in poche botteghe specializzate. L'ho assaggiato una volta. Che dire? Divino. Ma il formaggio più caro al mondo? Pare sia quello prodotto con il latte d'asina e costa intorno ai mille euro al chilo. Nella riserva di Zasavica a Sremska Mitrovica, in Serbia, c’è l’unico caseificio al mondo che lo produce. Il formaggio si chiama Pula, e per una forma da un chilo servono 25 litri di latte, cioè, tutto quello che un asino produce in due anni. Il produttore ha spiegato che le femmine d'asino sono animali diffidenti, che non possono essere munte in maniera automatica, ma accettano solo le mani dei loro curatori. Inoltre, ognuna di loro secerne una quantità di latte limitata.

Il trionfo del formaggio è celebrato nella kermesse dedicata “Cheese- Le forme del latte” che si tiene nella città di Bra. Nato a Cuneo, l'evento è poi emigrato nella patria dello Slow Food di Carlin Petrini. Raduna centinaia di produttori italiani e stranieri che ogni due anni presentano i loro prodotti, e che associano la qualità al rispetto dell’ambiente e delle persone coinvolte nel processo produttivo.

Un'amante del formaggio come me non può pensare che sia semplicemente casuale che per far sorridere la gente in foto si debba dire: cheese ….

Monica Bruna

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