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| 12 dicembre 2012, 07:53

Non contiamo storie, e se lo facciamo che siano almeno delle Fiabe...!

Non contiamo storie, e se lo facciamo che siano almeno delle Fiabe...!

Ho letto recentemente un articolo che celebrava il grande successo di una serie di cartoni animati inglesi trasmessi alla televisione. Peppa Pig, però, piace anche a me che non ho cinque anni. Di fatto, Peppa è un personaggio nel quale una bambina piccola ci si può facilmente identificare. Le storielle sono semplici, ma non troppo, c'è sempre una morale, ma fatta apposta per menti non troppo complicate. Ho visto un episodio dove Peppa era piuttosto perfida con il fratellino George, gli faceva i dispetti e dovevano intervenire Papà Pig e Mamma Pig per sgridare la figlia e riportare la pace in famiglia. Tutto molto vero.

Ce ne fossero state di Peppa Pig quando ero piccola io! Ai tempi si iniziava appena a considerare i bambini non come piccoli adulti, ma come una categoria a sé stante. C'erano ancora pochissimi prodotti concepiti a misura di bimbo, troppo seri, troppo moralistici, troppo perbene.

Al cinema, si potevano vedere, al massimo una volta all'anno, i cartoni animati di Walt Disney. Ricordo d’essere uscita terrorizzata dopo aver visto Biancaneve ed ho pianto per una settimana a causa della morte della madre di Bambi. Tanto altro, non c'era. Andavano ancora molto le classiche fiabe dei fratelli Grimm o di Andersen, e libri che avevano quasi sempre trame deprimenti perché scritti nell'Ottocento, quando i bambini o erano poveri e miserabili, oppure ricchi e infelici. Mi ricordo di questi libroni che raccoglievano le fiabe classiche, che in realtà non sembravano essere state scritte per dei bimbi. Non erano allegre, non facevano ridere. Già ero una triste per conto mio, non mi ci volevano anche quelle storie di bambini che si perdevano nei boschi, che restavano orfani, che facevo le fini più orribili.

Un passo avanti fu fatto con la pubblicazione dei dischetti a 45 giri delle Fiabe sonore. Le storie erano sempre le stesse, tipo il Soldatino di piombo (un incubo) o Pollicino e la classica Cenerentola, ma avevano il vantaggio che quando le volevi ascoltare non dovevi aspettare che qualcuno trovasse il tempo per raccontartele. Bastava avere un mangiadischi (il mio era arancione), e qualsiasi momento era buono. Poi, per fortuna, qualcosa cambiò. Quando fui in grado di leggere autonomamente, mi buttai sui libri di un genio, Gianni Rodari: Le avventure di Cipollino o Gelsomino nel paese dei bugiardi, sono letture che anche i bambini di oggi, che hanno un cervello strutturato in modo diverso dal nostro, possono apprezzare pienamente. Anche Astrid Lindgren, l'autrice di Pippi Calzelunghe, ebbe il merito di creare un personaggio che funziona ancora oggi. Perché Pippi era assurda, ed il fatto che vivesse da sola con una scimmietta (il Signor Nilsson) e con un cavallo a pois, che non andasse a scuola (forse la cosa più strana e anche bella da concepire per un bambino), quindi non ancorata per nulla alla realtà, la rendeva simpaticissima.

Un disegno semplice, un po' alla Peppa Pig, era quello che caratterizzava i personaggini di Richard Scarry. Il gatto Sandrino, il maiale Sansovino, l'imbianchino Ciccio Pasticci, li adoravo, anche se il loro limite – ma forse anche il loro pregio - stava nell'avere un fine istruttivo. I libri di Scarry erano infatti monotematici: insegnavano le parole, la matematica, il funzionamento degli oggetti, eccetera, ma almeno erano divertenti.

Poi, per fortuna, c'era Topolino, nel senso del giornalino e nel senso del personaggio. Con il quale ho una famigliarità speciale, visto che mio padre è stato, ed è ancora, un illustratore dei personaggi disneyani.





Monica Bruna

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