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| 24 ottobre 2012, 08:04

Scritte tombali: cose dell'altro mondo

Scritte tombali: cose dell'altro mondo

Poiché il 2 novembre si sta avvicinando, questa volta parlerò di cimiteri.

Ai non-Torinesi “la tomba di Tamagno” non dice un granché. Invece per i torinesi veraci è stata una sorta di stella polare, un punto di riferimento in quello che è un misconosciuto e bellissimo luogo, anche se triste, che i turisti che capitano a Torino dovrebbero visitare. Chi si recava al grande Cimitero Monumentale, in corso Novara, per non perdersi, doveva prendere per forza come riferimento proprio il mausoleo di Francesco Tamagno, un tenore torinese che morì nel 1905. Il suo sontuoso sepolcro bianco, alto 37 metri, è facilmente visibile nella parte antica del cimitero, e chi aveva parenti sepolti nei pressi, prima che le loro spoglie fossero spostate per decorrenza dei termini, per spiegarsi diceva “sulla destra (o sulla sinistra) di Tamagno, dietro (o sul davanti) di Tamagno”. Oltre Tamagno, quasi tutti gli illustri defunti torinesi sono sepolti al Monumentale, dove, quando ero piccola, restavo affascinata soprattutto dalle tombe liberty dei bambini, con bellissime statuine e struggenti foto color seppia che avevano resistito nel tempo, al riparo dalle intemperie, sotto vetro.

Questo mio interesse per i cimiteri non si è affievolito col passare dell'età. Li trovo tutti degni d'attenzione, che siano quelli piccolini e rurali, o quelli grandi, che ti ci perdi, a ridosso delle grandi città.

Fra i primi, sono rimasti nella mia memoria i classici cimiteri di campagna inglesi, quelli veramente minuscoli a ridosso delle chiesette di campagna ed uno, nel centro di Londra, di epoca vittoriana, dove erano sepolti gli animali da compagnia passati a miglior vita. Piccole lapidi aggredite dalle muffe, con tenere iscrizioni dedicate a cani e gatti dai tipici nomi inglesi – Scottie. Muffin, Baba.

Un altro piccolo cimitero, molto discreto, è quello di Monaco. Piccolo lo è per forza, date le dimensioni del Principato. Qui, inaspettatamente, si trovano le tombe di Josephine Baker, Leo Ferré e Anthony Burgess. A pochi chilometri, l'architetto Le Corbusier riposa per sempre nell'assolata Roquebrune-Cap Martin.

Un po' più in là, nella mondana zona di Saint Tropez, nel paese di Ramatuelle, in un altro camposanto di piccole dimensioni ma molto suggestivo, c'è la semplice tomba di Gérard Philipe, che sembra dominare dall'alto la collina di vigneti che degrada all'orizzonte fino al mare sulla lunghissima spiaggia della Pampelonne.

Nel cittadino cimitero di Montmartre, Parigi, fra una miriade di illustri defunti francesi, e non – come il ballerino russo Nijinski – una tomba in particolare ha attirato la mia attenzione, anche perché una statua disegnata e scolpita da Aslan riproduce fedelmente, ed a grandezza naturale, la defunta. Si tratta della cantate italo-francese Dalida, che ad oltre vent'anni dalla sua morte, è ancora vivissima nel ricordo di molte persone. Fra cui un ignoto ammiratore calabrese, che lascia un fascio di rose sulla sua tomba ogni anno in concomitanza con la data di nascita dell'artista.

Il tema dei cimiteri, con annessi e connessi, è stato anche oggetto di alcuni libri di amici umoristi- scrittori. Come il “Colpito in fronte da nemica palla” di Bruno Gambarotta, nel quale vengono trascritte le frasi, involontariamente comiche, che sono state scolpite nelle lapidi, -e già il titolo del libro ne è un chiaro esempio. E “NECROlogica”, il libro “lapidario” dell'attore satirico Alberto Patrucco, di pura fantasia, con epitaffi di personaggi famosi o famigerati ancora in vita, così che possano leggere, si spera con largo anticipo sui tempi, come potrebbe essere ricordato nei secoli. Un modo come un l'altro per sfatare scaramanticamente il momento del trapasso.

Per quanto riguarda gli epitaffi, non è difficile per ognuno di noi passeggiando nei camposanti trovarne di inconsapevolmente spiritosi, soprattutto nelle lapidi più lontane nei tempi quando si ricorreva a frasi auliche per ricordare il caro estinto. Quella che trovo particolarmente curiosa nel cimitero di Cuneo, riguarda una bimbetta deceduta le lontano 1938, quando gli incidenti d'auto erano davvero molto rari, e recita così: “L'angioletto A.C. volava in cielo in seguito ad investimento automobilistico”. Che subito fa pensare all'incredibile impatto che proiettava direttamente in cielo la povera bambina.

 

 

 

Monica Bruna

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