Egregio direttore,
mi sia consentito d'intromettermi nel discorso relativo a Saliceto: l'ultimo paese del Piemonte "andando verso la Luguria" , ora dimenticato da "Dio e dai Santi" ma in epoca rinascimentale importante centro di commerci e cultura lungo la più importante via del sale o marenca: la Magistra Langarum.
Personalmente sono in debito con il signor Claudio Arena per le preziose informazioni da lui fornite sul Castelvecchio di Saliceto in cima alla collina della Rosa, castello antichissimo, probabilmente bizantino, da tutti reputato distrutto dai Saraceni mille anni fa (più precisamente undici secoli fa) quando invece risultava ristrutturato nell'anno 1615 e, quindi, distrutto probabilmente nel 1629 dalle truppe imperiali e spagnole, allorché sotto le sue mura fu abbattuto da un micidiale colpo di moschetto da uccellatore il generalissimo Don Martino d'Aragona, comandante supremo delle truppe spagnole.
Una rappresaglia, documentata peraltro da storici dell'epoca quali il Dalla Chiesa.
In quanto ai sotterranei di Saliceto, desidero segnalare quanto mi è noto: la castellana di Saliceto in più occasioni durante l'ultima guerra mondiale offrì riparo ai partigiani, aprendo loro il cancello che immetteva nel grande sotterranneo che collegava il castello alla chiesa. Mio padre Domenico Araldo, operaio all'Acna, classe 1902, non certo partigiano data l'età, vi trovò riparo durante un rastrellamento tedesco conseguente all'uccisione di un ufficiale del Terzo Reich da parte del "Biondino", che non si preoccupava minimamente delle conseguenze delle sue azioni.
Una mia esperienza personale, infantile, vaga, ma alquanto vivida, mi induce a ricordare un episodio: la volta in cui alcuni salicetesi, prima che il tratto del sotterraneo antistante la chiesa parrocchiale sprofondasse in concomitanza alla costruzione della nuova rete fognaria, vi entrarono dal castello e ne percorsero un lungo tratto, senza doversi chinare, fino all'estremità orientale del borgo, alla "casa Brunetti", l'antica torre della "porta Galera": battevano con martelli sulla volta, per indicare il punto che avevano raggiunto ai curiosi, tra cui il sottoscritto, che li seguivano in superficie. Tornarono indietro allorché le torce tendevano a spegnersi per probabile mancanza di ossigeno. Altre persone di Saliceto mi hanno indicato le botole, ora murate, che immettevano in altri sotterranei dicendomi "a ti et t'la musctr, ma dilu pa a nigni aci!" (A te la indico, ma non riferirlo ad altri!).
In quanto alla presenza dei Templari a Saliceto io stesso ho scritto nel mio libro "Il Mistero di Saliceto" che l'unica presenza certa di quei cavalieri nelle Alte Langhe e nelle Alti Valli della Bormida è ad Osiglia (Auxiluim, aiuto, riparo alle falde del Melogno), per una documentazione relativa a un contenzioso tra i Templari e il vescovo di Albenga. In quanto a Saliceto, tale presenza è soltanto riconducibile alla toponomastica, più precisamente alla collina della Margherita che mutò nome in collina della Rosa tra i secoli XII e XIII, e alla "spina" di Cosseria, l'antica Cruce Ferrea: borgata tuttora esistente.
La "rosa e la Spina" sono un tipica simbologia templare.
Ma a Saliceto c'è di più: la facciata di pietre parlanti della chiesa parrocchiale di San Lorenzo, monumento nazionale, dove accanto a percorsi alchemici ed esoterici, c'è la raffigurazione di un magnifico Bafometto (l'idolo che fu fatale ai Templari per l'accusa di idolatria), la "rosa e la spina" ai lati del portale centrale e infine tredici roselline esoteriche di San Giovanni (la rosa canina, già rosa di Iside magnificamente descritta da Apuleio nelle Metamorfosi, meglio note come l'asino d'oro) incolonnale sul lato sinistro e quattordici sul lato destro: l'ultima di queste parzialmente nascosta da foglie di acanto. Un'assimestria che alluderebbe al "maestro segreto" vanamente cercato dal re di Francia Filippo il Bello e dal papa Clemente V?
Jacques de Molay, sovrano mestro dei Templari all'epoca degli arresti, era notoriamente semianalfabata, in quanto rude comandante militare: come non supporre la presenza di un maestro segreto in un ordine cavalleresco che gestiva le finanze del papa e dei re di Francia, Inghilterra e Castiglia, la finanza internazionale dell'epoca?
In quanto a Saliceto, uno dei maggiori misteri riguarda il motivo che abbia indotto Carlo Domenico Del Carretto, cardinale di santa Romana Ecclesia e marchese di Finale, designato da papa Giulio II come suo erede, a costruire sul sito di un'antica chiesa romanica consacrata a Santa Maria, la sua chiesa - mausoleo, sintesi delle tesi di Pico della Mirandola, per giunta con simbologie templari dopo centosettant'anni la scomparsa di quei cavalieri.
Era il "gran maestro segreto" di turno? Dopo la sua morte improvvisa, a Roma, Leonardo da Vinci non lasciò solo quella città, precipitosamente, ma anche l'Italia...
Grazie per la cortese attenzione.
Guido Araldo