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Politica | 04 gennaio 2013, 09:43

Pedaggi autostradali: l'Uncem chiede un ritorno economico adeguato per il territorio

Il recente aumento del pedaggio delle autostrade ancora una volta finisce per penalizzare il territorio, i pendolari e i flussi turistici.

Lido Riba presidente Uncem Piemonte

Lido Riba presidente Uncem Piemonte

 L’Uncem rilancia la sfida ai concessionari delle grandi opere, affinché prevedano un adeguato ritorno economico per le aree sulle quali insistono grandi opere viarie. Una compensazione necessaria, a fronte degli importanti utili per le aziende che gestiscono le autostrade, in particolare nelle aree montane del Piemonte, attraversate dalla A32 per ben 63 chilometri (da Avigliana a Bardonecchia, oltre ai 13 chilometri del Tunnel del Frejus), dalla A6 per 20 chilometri (da Mondovì a Ceva), dalla A26 per 24 chilometri (da Meina a Gravellona Toce, oltre alla Statale Anas che conduce al Sempione), della A7 nella zona dello Scrivia e dalla A5 per 8 chilometri (da Quassolo a Carema).
 “Con l’aumento delle tariffe pagate da auto e camion, torna al centro del dibattito pubblico un problema che l’intero arco alpino si trova ad affrontare – spiegano il presidente Uncem Piemonte Lido Riba e il presidente nazionale Enrico Borghi – cioè quello dei trasporti e delle conseguenze che le grandi reti hanno sul territorio montano. Le opere viarie insistono infatti su un territorio che è il bene pubblico per eccellenza. Al pari del prelievo dell’acqua potabile dalle Terre Alte, dei canoni per l’escavazione e per le cave, è necessario impostare dei rimborsi economici stabili per l’insistenza delle grandi infrastrutture nelle aree alpine”.
Il riferimento normativo esiste e deve essere seguito: il 17 ottobre 2012 la Camera dei Deputati ha approvato il Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi, impegnando l’Italia a studiare con gli altri Paesi modelli di viabilità più vivibili, promuovendo allo stesso tempo l’innovazione economica, in particolare attraverso l’intermodalità dei trasporti. 

 “Vogliamo aprire un dialogo con le concessionarie che gestiscono valichi alpini e autostrade. Una minima parte dei loro utili deve essere destinata alle comunità locali – aggiungono Borghi e Riba – Le cifre parlano chiaro: sono oltre un milione i veicoli leggeri che transitano ogni anno sull’A32 e sei milioni i veicoli pesanti. Le tariffe agevolate per i residenti non sono sufficienti per compensare la lingua di cemento e asfalto che corre lungo la valle. Alcuni amministratori hanno proposto anni fa di destinare parte del pedaggio al territorio montano. Li sosteniamo con determinazione. Una percentuale da concordare, da destinare a interventi ambientali e per lo sviluppo. Questo permetterebbe migliore vivibilità, maggiore sussidiarietà tra imprese, enti locali e cittadini residenti nei Comuni di tutte le aree montane piemontesi e italiane attraversate da autostrade”.

Un modo per superare l’assistenzialismo in cui sono caduti gli enti locali per effetto di normative che in passato prevedevano minimi aiuti per territori considerati marginali e poveri. Oggi questa logica si è invertita e la nuova “coscienza di territorio” impone logiche economiche opposte. “Non possiamo permettere che l’aumento delle tariffe sia unilaterale, determinato dalle imprese, senza coordinamento con gli enti locali – evidenziano Borghi e Riba – Servono una gestione razionale e sicura dei trasporti nel contesto di una rete integrata, coordinata e transfrontaliera. E devono essere garantiti gli interessi economici e culturali delle popolazioni residenti nelle Alpi e negli Appennini”

 

 

c.s.

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